Enti pubblici-Esecuzione congiunta di compiti di interesse pubblico-Applicazione codice appalti-Esclusione

Consiglio di Stato, Adunanza Sez. II, 11 marzo 2015, parere n. 1178 (est. Sergio Santoro)

Effects of Good Government on the City Life (detail) 5

(Lorenzetti, Gli effetti del buon governo, particolare)

OGGETTO: Ministero dell’economia e delle finanze agenzia del demanio. Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio Forme di “cooperazione orizzontale” tra soggetti pubblici volte a garantire congiuntamente l’esecuzione di compiti di interesse pubblico – Recente evoluzione dei principi dettati in materia dalla giurisprudenza comunitaria – Riflessi sull’attività di collaborazione e supporto che l’Agenzia del demanio presta in favore di enti territoriali ed enti pubblici – Quesito.

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n.2013/6567/DNCO del 27.3.2013 con la quale si chiede il parere sul quesito in oggetto;

Vista la pronuncia interlocutoria di questa Sezione resa nell’adunanza del 18 dicembre 2013 con la quale sono stati chiesti gli avvisi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in particolare del Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi, del Dipartimento degli affari europei e del Dipartimento degli affari regionali;

Vista la nota della presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi prot. DAGL 4.3.10.4/2014/265 con la quale si esprime l’avviso in ordine al quesito proposto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, presidente Sergio Santoro;

Premesso:

L’Agenzia del demanio, nel richiedere il quesito in oggetto, premette essere stata istituita con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e trasformata in ente pubblico economico con d.lgs. del 3 luglio 2003, n.173, con l’espressa finalità di amministrare e gestire in nome e per conto dello Stato i beni immobili di sua proprietà nonché di razionalizzarne e valorizzarne l’impiego, e di avere maturato nel corso del tempo un’importante esperienza in tema di collaborazione e supporto in favore di Enti territoriali, Enti, previdenziali ed altri Enti pubblici, attraverso la sottoscrizione di appositi protocolli d’intesa o convenzioni. Tali forme di collaborazione sono generalmente finalizzate a garantire un supporto specifico nell’attività di ricognizione di analisi del patrimonio immobiliare di proprietà dei predetti Enti, di valutazione tecnico-estimativa dei cespiti, di segmentazione del portafoglio in funzione del possibile reimpiego dello stesso, di predisposizione, di studi di prefattibilità che consentano di valutare le possibili linee di intervento da attivare e la convenienza di iniziative di dismissione e/o valorizzazione dei beni, in aderenza agli obiettivi strategici ovvero di sviluppo territoriale perseguiti dall’Ente sottoscrittore. Tali servizi sono resi per lo più a fronte del riconoscimento di un corrispettivo forfettario a copertura delle spese vive sostenute dall’Agenzia.

Secondo l’amministrazione, la sottoscrizione delle citate intese trova il proprio fondamento normativo, da un lato, nelle previsioni di cui all’art. 15 della L. 241/90, che consente alle pp.aa. di concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività che rivestono un interesse comune e, dall’altro, nelle disposizioni di cui al citato art. 65 d.lgs. 300/99, che al comma 2 contempla espressamente la possibilità per l’Agenzia di stipulare convenzioni con Regioni, Enti locali ed altri Enti pubblici per la gestione dei rispettivi patrimoni immobiliari, disposizione quest’ultima puntualmente recepita dallo Statuto dell’Agenzia.

Ebbene, tutto ciò premesso, l’Agenzia, alla luce della recente evoluzione dei principi e degli orientamenti normativi e giurisprudenziali affermatisi in sede comunitaria sui temi della cooperazione “istituzionalizzata/verticale” e “non istituzionalizzata/orizzontale”, chiede in definitiva di conoscere se e quali siano le forme di cooperazione tra amministrazioni che possano ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della normativa europea in tema di appalti pubblici, e dunque dalla necessità di esperire preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio.

La Sezione al riguardo, nella pronuncia interlocutoria citata nelle premesse, ha ritenuto preliminarmente di acquisire l’avviso della Presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine al quesito, con il coordinamento del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi.

Con la nota della presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi prot. DAGL 4.3.10.4/2014/265, quest’ultimo ha espresso il proprio avviso in ordine al quesito proposto, ponendo l’accento sulla distinzione tra gestione di immobili appartenenti al demanio pubblico ovvero al patrimonio disponibile degli enti interessati.

Secondo il Dipartimento, per stabilire la legittimità comunitaria di tali accordi, se ne dovrebbe preliminarmente verificare la funzione di servizio pubblico comune sia all’Agenzia che agli enti beneficiari dei servizi resi, anche nel senso inteso nella sentenza della Corte Costituzionale n.284 del 2011. Nella specie, secondo il Dipartimento, sussiste il requisito dell’interesse comune tra l’Agenzia del demanio e gli enti pubblici titolari di immobili, consistente nella valorizzazione del loro patrimonio immobiliare.

Nello stesso senso si è espresso il Dipartimento per le politiche europee con nota del 7 maggio 2014.

Considerato:

1. La Sezione concorda con l’avviso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi citato nelle premesse, secondo il quale, in linea di principio, non sono soggetti alle direttive appalti e sono dunque legittimi, gli accordi tra pubbliche amministrazioni, anche se appartenenti ad ordinamenti autonomi e/o in rapporto di reciproca indipendenza, finalizzati alla cooperazione cd. non istituzionalizzata/orizzontale, come quelli che l’Agenzia del demanio ha stipulato ovvero si ripromette di concludere con vari enti ed organi, riconducibili indifferentemente all’amministrazione statale centrale o periferica o ad altri enti territoriali minori.

2. La materia ha subito una recente evoluzione sia nella giurisprudenza comunitaria che amministrativa, ed ha anche ricevuto un’innovativa disciplina nelle nuove direttive europee approvate nel 2014. Prima di trarre le definitive specifiche conclusioni in ordine al quesito proposto, sembra opportuno ricordare brevemente tale evoluzione della giurisprudenza e della legislazione comunitaria e nazionale.

La Corte di Giustizia UE aveva inizialmente affrontato l’esame di tale tipologia di cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici nella c.d. “Sentenza Amburgo” (sentenza 9 giugno 2009, Causa C-480/06, Commissione delle Comunità europee c/ Repubblica Federale di Germania), nella quale s’era stabilito che gli accordi di cooperazione tra amministrazioni pubbliche aggiudicatrici finalizzati all’esecuzione congiunta di compiti comuni d’interesse pubblico non sono soggetti alle direttive appalti; che non è necessario che ciascuna di esse partecipi nella identica misura all’effettiva esecuzione dell’oggetto dell’accordo di cooperazione, essendo viceversa eventuale l’assunzione di diritti e obblighi reciproci pur restando esclusa la previsione di trasferimenti finanziari tra le parti cooperanti, fatti salvi i rimborsi dei costi sostenuti per l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo di cooperazione, in quanto la cooperazione in tal caso non può in alcun modo essere riconducibile ad accordi di natura commerciale; sempre in tale ottica, le parti cooperanti non possono svolgere, in linea di principio, alcuna attività commerciale nell’ambito della cooperazione, né tanto meno il servizio oggetto della cooperazione può essere offerto sul mercato; nel rispetto del principio di parità di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti (analoghi principi erano stati poi ribaditi nelle sentenze 19.12.2012, Causa C-159/11 ASL Lecce c/Univ. Salento e Ordine Ing. Prov. Lecce; nell’ordinanza del 16.05.2013, Causa C-564/11, Consulta Reg. Ord. Ing. della Lombardia c/ Comune di Pavia, Univ. degli Studi di Pavia;. Causa C-352/12, Cons. Naz. Ing. c/ Comune di Castelvecchio Subequo, Univ. degli Studi di Chieti Pescara – Dip. Scienze e Storia dell’Architettura, Cons. Naz. Ing., Comune di Barisciano, Scuola di Architettura e Design Vittoria dell’Univ. di Camerino, del 20.06.2013; sentenza del 13.06.2013, causa C- 159/11 e C-386/11, Piepenbrock Dienstleistungen GmbH & Co. KG c/ Kreis Duren, Stadt Duren).

3. Nella legislazione nazionale l’art. 15, comma 1°, della L. 7 agosto 1990, n. 241 già stabiliva che, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 14 (cioè della partecipazione alla conferenza di servizi) “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.

La giurisprudenza amministrativa nazionale, a tale proposito, ispirandosi a quella comunitaria, aveva precisato che per “attività” si intende qualsiasi tipo di attività giuridica, comprese quelle materiali da svolgere nell’espletamento di un pubblico servizio e direttamente in favore della collettività, e che gli accordi ai sensi dell’art 15 L. 241/1990 rappresentano una particolare categoria di cooperazione pubblico-pubblico cd. “non istituzionale/orizzontale”, cui restano del tutto estranee le reciproche controprestazioni e la logica dello scambio (tra le altre, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 luglio 2013 n. 3849, Sez. II, 28 novembre 2012 n.9004). Erano state dunque ritenute estranee alla categoria in esame, e pertanto soggette alla disciplina degli appalti, quelle attività che, pur esercitate nelle forme e modalità della cooperazione, risultano rivolte a comporre “un contrasto di interessi tra l’ente pubblico che, da un lato, grazie all’attività scientifica da esso istituzionalmente svolta, offre prestazioni di ricerca e consulenza deducibili in contratti di appalto pubblico di servizi e l’ente che, conformandosi a precetti normativi, richiede tali prestazioni in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti di interesse pubblico. Il tutto secondo la logica dello scambio economico sugellata dalla previsione di un corrispettivo, calcolato secondo il criterio del costo necessario alla produzione del servizio e dunque in perfetta aderenza allo schema tipico dei contratti di diritto comune ex art. 1321 c.c. Ne consegue che lo strumento impiegato è estraneo alla logica del coordinamento di convergenti attività di interesse pubblico di più enti pubblici, ma vede uno di questi fare ricorso a prestazioni astrattamente reperibili presso privati” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 30 settembre 2013 n. 4832 e 16 gennaio 2015 n. 84).

4. A questa giurisprudenza comunitaria ed amministrativa nazionale hanno fatto seguito le nuove direttive europee del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE sugli appalti pubblici e 2014/25/UE sulle procedure d’appalto nei settori speciali) che, nell’intento in più occasioni perseguito di codificare principi già elaborati nelle decisioni dei giudici comunitario e nazionali, hanno definito con maggiore dettaglio le connotazioni dell’istituto in esame.

Anche in questo caso, per ciò che riguarda l’immediata applicabilità, alle fattispecie oggetto del quesito, delle relative disposizioni recate dalle nuove direttive europee, non può che richiamarsi quanto affermato nel parere di questa II Sezione n.298 del 30 gennaio 2015 secondo cui, anche “nel caso in esame, se non vi è addirittura un’applicazione immediata del tipo ‘self-executing’, non può in ogni caso non tenersi conto di quanto disposto dal legislatore europeo, secondo una dettagliata disciplina in materia, introdotta per la prima volta con diritto scritto e destinata a regolare a brevissimo la concorrenza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell’U.E.”, trattandosi in definitiva di “disposizioni di compiutezza tale da farle ritenere ‘self-executing’, avendo indubbiamente contenuto incondizionato e preciso (così Cass. SS.UU., sentenza n.13676 del 25/02/2014)”.

5. Ebbene, tra le previsioni dedicate dalle nuove direttive europee alle ipotesi di cooperazione tra pubbliche amministrazioni del tipo cd. “non istituzionale/orizzontale”, nel Considerando (31) della direttiva 2014/24/UE si premette che “vi è una notevole incertezza giuridica circa la misura in cui i contratti conclusi tra enti nel settore pubblico debbano essere disciplinati dalle norme relative agli appalti pubblici. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea a tale riguardo viene interpretata in modo divergente dai diversi Stati membri e anche dalle diverse amministrazioni aggiudicatrici. È pertanto necessario precisare in quali casi i contratti conclusi nell’ambito del settore pubblico non sono soggetti all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici. Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l’applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche. Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”.

E sempre nella direttiva 2014/24/UE, l’art. 1 paragrafo 6, stabilisce che “gli accordi, le decisioni o altri strumenti giuridici che disciplinano i trasferimenti di competenze e responsabilità per la realizzazione di compiti pubblici tra amministrazioni aggiudicatrici o associazioni di amministrazioni aggiudicatrici e non prevedono una remunerazione in cambio di una prestazione contrattuale sono considerati questioni di organizzazione interna dello Stato membro interessato e, in quanto tali, esulano del tutto dalla presente direttiva”. Il successivo art. 12, paragrafo 4, stabilisce che “un contratto concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune; b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e c) le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione”. Quanto al requisito di cui alla lett. c) ult. cit., l’art. 12, paragrafo 5 successivo specifica che, “per determinare la percentuale delle attività … si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività della persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull’attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile”.

6. Gli artt. 28, paragrafo 4, della direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto nei settori speciali e 17, paragrafo 4, della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, stabiliscono disposizioni di analogo tenore.

Di quest’ultima direttiva vanno richiamati il Considerando (45) nella parte in cui si raccomanda che le cooperazioni pubblico-pubblico esentate dalla sua applicazione non provochino una distorsione della concorrenza nei confronti degli operatori economici privati, ed, inoltre, il Considerando (47) secondo il quale l’esclusione dall’applicazione della direttiva dei contratti per la fornitura congiunta di servizi pubblici conclusi tra amministrazioni o enti aggiudicatori vedano tale cooperazione dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse senza che alcun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.

Ancor più significativo si rivela il Considerando (48) successivo, secondo cui “in taluni casi un soggetto giuridico agisce, a norma delle pertinenti disposizioni del diritto nazionale, quale strumento o servizio tecnico di amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori determinati ed è obbligato a eseguire gli ordinativi ricevuti da tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori e non ha alcuna influenza sulla remunerazione della sua prestazione. Tale rapporto puramente amministrativo, in considerazione della sua natura non contrattuale, non dovrebbe rientrare nell’ambito di applicazione delle procedure sull’aggiudicazione delle concessioni”.

7. Tanto premesso, deve concludersi per l’esclusione dal codice dei contratti e dalle direttive UE, e per la piena legittimità, senza riserva alcuna, di accordi, convenzioni e contratti di servizi tra l’Agenzia del demanio ed ogni altro soggetto pubblico, tra i quali le amministrazioni statali centrali e periferiche e gli enti territoriali, nonché ogni ente pubblico o società per azioni (sempreché totalmente in mano pubblica), finalizzati alla gestione e valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari.

Il fine comune di tali amministrazioni nel perseguire questi obiettivi, a ben vedere, prescinde totalmente dalla natura demaniale o patrimoniale dei beni oggetto delle convenzioni, ed è piuttosto ravvisabile nell’esigenza pubblicistica di valorizzare economicamente e socialmente il territorio attraverso il miglior utilizzo degli immobili (cfr. gli artt. 33 e 33-bis del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111; 3-ter del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla L. 23 novembre 2001, n. 410; 5, comma 5° del D.lgs. 28 maggio 2010, n. 85; 58 del L. 6 agosto 2008, n. 133 di conversione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112), la cui realizzazione è una delle più idonee premesse per il risanamento dei conti pubblici, come anche prefigurato nel decreto cd. “sblocca Italia” (p.es. all’art.17 del D.L. 12 settembre 2014 n. 133 convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014 n. 164).

Tutto ciò nell’ovvia necessaria premessa che l’eventuale trasferimento di risorse a favore dell’Agenzia resti, come da questa espressamente dichiarato nella richiesta di parere, entro i ristretti limiti del riconoscimento di un corrispettivo forfettario a copertura delle spese vive sostenute.

8. È infine appena il caso di rilevare che le convenzioni e gli accordi in questione potrebbero anche avere ad oggetto, ad esempio, le varianti urbanistiche finalizzate al mutamento di destinazione d’uso degli immobili, per assicurare la più idonea valorizzazione del patrimonio pubblico mediante accordi di programma in funzione di variante urbanistica, e/o l’alienazione, concessione o costituzione del diritto di superficie sugli immobili, in tal modo preferendo più opportunamente la valorizzazione del bene pubblico piuttosto che la sua pura e semplice dismissione.

Sempre a titolo di esempio, l’oggetto delle convenzioni e degli accordi tra i soggetti pubblici in questione potrebbe anche consistere nella cooperazione, a vario titolo, alle operazioni di vendita o locazione attiva (previa gara o procedure speciali di alienazione, ad es. come quelle previste nell’art. 1, commi 436, 437 e 438 della L. 30 dicembre 2004 n. 311; nella L. 23 novembre 2001 n. 410; nei RR.DD. 18 novembre 1923 n. 2440 e 23 maggio 1924 n. 827, e s.m.i.), oppure di acquisto o locazione passiva di immobili, secondo le disposizioni degli artt. 19 lett. a) e 27 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), mediante affidamenti che, pur restando esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del medesimo codice (sempreché non integrino in tutto o in parte anche delle concessioni di servizi), siano preceduti da uno o più inviti ad almeno cinque concorrenti, rispettando al contempo i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, il tutto in accordo con gli standard internazionali applicati tra l’altro dall’Agenzia delle Entrate anche in ordine ai valori immobiliari da attribuire alle operazioni eseguite.

P.Q.M.

nei termini su esposti è il parere richiesto.

 

Marisa Allega

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